4 maggio, riaprono tutti i mercati di Perugia per il settore alimentare
Commercio ambulante, qualcosa di muove, almeno per la parte relativa ai prodotti alimentari. Il Comune di Perugia sta infatti per firmare la delibera che aprirà, dal 4 maggio, tutti i mercati del suo territorio per la vendita di prodotti alimentari.
“Siamo molto soddisfatti – commenta il presidente di Fiva Umbria Confcommercio Mauro Fortini – perché la decisione del capoluogo può aprire la strada alle riaperture in tutta la regione, dove hanno fatto da apripista i Comuni di Orvieto e Narni.
A Perugia la situazione era più complicata, perché i mercati sono molti di più. Dobbiamo ringraziare il Comune di Perugia, e in particolare l’assessore al commercio Clara Pastorelli, che ha ascoltato le nostre ragioni, anche posticipando la Tosap e annullando il contributo servizi per il periodo di chiusura dei mercati.
Gli operatori su aree pubbliche sono completamente fermi da due mesi, in obbedienza alle misure di contenimento del coronavirus, e in gravissima sofferenza.
Adottando tutte le misure di sicurezza e riorganizzando completamente gli spazi di vendita, oggi non c’è ragione, secondo noi, di tenere ancora al palo gli operatori che vendono prodotti alimentari. A Orvieto e Narni siamo già ripartiti; poi partiremo nel capoluogo e speriamo di ripartire presto in tutti gli altri Comuni dell’Umbria.
Se mercati e fiere non riaprono in tempi brevi, seppur con gradualità e rispettando tutti i protocolli sanitari, il settore rischia il tracollo”, sottolinea Fortini. “Le nostre imprese non sempre sono strutturate sul piano economico per sopravvivere in queste condizioni e il danno lo pagheranno anche le famiglie e i consumatori, che non avranno più il servizio utile e di prossimità che questa tipologia di vendita ha sempre assicurato ovunque.
La nostra Federazione nazionale ha stimato che la chiusura della quasi totalità delle attività di commercio su aree pubbliche in conseguenza dell’emergenza coronavirus – 176mila imprese con circa 400mila tra titolari, dipendenti e collaboratori su un totale di 183mila – comporterà per il settore, se non si riapre presto, una perdita di oltre 10 miliardi di euro, con il rischio che un terzo delle sue imprese chiuda definitivamente”.
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