Contratti di lavoro, nuovi obblighi informativi con il decreto Trasparenza
A QUALI CONTRATTI SI APPLICANO LE NOVITA’?
Il provvedimento si applica a tutti i contratti di lavoro subordinato: determinato/indeterminato, part-time/full-time, intermittente e in somministrazione e, per quanto compatibili, ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e alle prestazioni occasionali e lavoratori domestici
Sono esclusi i lavoratori autonomi, gli agenti di commercio e i rapporti di durata molto breve (pari o inferiore a una media di 3 ore settimanali in 4 settimane consecutive).
QUANDO SCATTA L’OBBLIGO?
Per gli assunti dal 1° agosto 2022, l’obbligo si applica già al momento dell’assunzione.
Invece, per i lavoratori in forza a tale data, l’obbligo di fornire le informazioni sul rapporto di lavoro sorge solo nel caso in cui un dipendente ne faccia apposita richiesta scritta: in questo caso, l’azienda ha 60 giorni di tempo per condividere i dati con il lavoratore.
COME COMUNICARE LE NUOVE INFORMAZIONI?
Il datore di lavoro deve fornire al lavoratore i nuovi dati per iscritto, in formato cartaceo o elettronico. Per formato elettronico si intende la consegna via mail (sia personale che aziendale) o la messa a disposizione dei documenti sulla rete intranet aziendale tramite consegna di password.
In ogni caso, la prova dell’avvenuta trasmissione o ricezione delle informazioni deve essere conservata per 5 anni dalla cessazione del rapporto.
L’Ispettorato nazionale del Lavoro, di concerto con il Ministero, ha emanato una circolare esplicativa degli obblighi di trasparenza nei contratti di assunzione, che semplifica di molto gli adempimenti.
Per evitare le sanzioni il datore di lavoro dovrà:
- consegnare copia del contratto individuale di lavoro o copia della comunicazione obbligatoria di instaurazione del rapporto di lavoro. In questo modo il lavoratore sarà già informato sui principali contenuti degli istituti.
Confcommercio Umbria consiglia di optare per la consegna del contratto individuale, perché nel sistema umbro delle comunicazioni obbligatorie, ad esempio, mancano alcuni dati fondamentali, citati dalla circolare dell’ispettorato, come l’orario giornaliero per numero di giorni alla settimana o la retribuzione mensile e il numero delle mensilità; - consegnare o mettere a disposizione secondo la prassi aziendale copia del contratto collettivo applicato oppure altri documenti aziendali (es. regolamenti interni) contenenti la disciplina più dettagliata del rapporto di lavoro (come congedi, ferie, preavviso etc).
QUALI INFORMAZIONI VANNO INSERITE NEL CONTRATTO?
Accanto ai dati tipici del rapporto – come la tipologia contrattuale, l’identità del datore, il luogo di lavoro, la data di inizio e fine, l’inquadramento del lavoratore il periodo di prova se previsto (che comunque non potrà essere superiore a 6 mesi) – il datore deve comunicare nuovi elementi come ad esempio:
- l’indicazione del CCNL e delle parti stipulanti;
- eventuale formazione destinata al lavoratore;
- la durata delle ferie e dei congedi retribuiti o la modalità di determinazione e fruizione degli stessi;
- la procedura e i termini di preavviso in caso di recesso di ambo le parti;
- l’importo iniziale della retribuzione, con indicazione periodo e modalità del pagamento;
- la programmazione dell’orario normale di lavoro ed eventuali condizioni relative a straordinario nonché eventuale;
- indicazione degli istituti previdenziali e assicurativi che ricevono i contributi versati.
Per effetto dei nuovi obblighi informativi, non sono più valide le clausole dei contratti individuali che rimandavano alle disposizioni del contratto collettivo applicato.
Qualsiasi variazione delle informazioni oggetto di comunicazione deve essere resa nota al lavoratore entro il primo giorno di decorrenza della modifica, salvo che non si tratti di rettifiche legislative o derivanti dalla contrattazione collettiva.
Ci sono poi informazioni supplementari, molto dettagliate e complesse, che il Decreto stabilisce debbano essere fornite ai lavoratori in caso di alcune tipologie di rapporti, come quelli in cui la prestazione non sia prevedibile.
In questa categoria si viene a costituire un principio della minima prevedibilità della prestazione e specifica attenzione è stata data al LAVORO INTERMITTENTE il cui contratto, oltre ad indicare la natura variabile della programmazione dovrà specificare le ore minime retribuite garantite se stabilite dal CCNL applicato, le modalità della chiamata nonché il preavviso spettante prima dell’inizio della prestazione.
Il lavoratore può rifiutarsi di eseguire l’attività se il datore la richieda in giorni e ore diverse da quelle programmate o se violi l’obbligo di preavviso, senza subire alcuna conseguenza neppure disciplinare.
CHE ACCADE SE IL DATORE DI LAVORO NON ADEMPIE AI NUOVI OBBLIGHI?
L’omesso, il ritardato o l’incompleto adempimento degli obblighi informativi comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato e la diffida. Alcune informazioni devono essere fornite entro 7 giorni, altre entro un mese: l‘ispettorato nazionale del Lavoro ha precisato che il datore di lavoro risulterà sanzionabile solo alla scadenza di questi termini.
Alla sanzione si aggiunge l’espresso divieto per le imprese di licenziare, discriminare e sanzionare i lavoratori che esercitino i diritti previsti dal Decreto che, qualora vittime di comportamenti ritorsivi, possono ricorrere, oltre che alla all’ordinaria tutela giudiziaria, anche a strumenti più rapidi (quali la conciliazione e l’arbitrato) e sporgere denuncia all’INL, con il rischio per i datori di un ulteriore ammenda.
In caso di violazione degli obblighi di informativa il lavoratore potrà esperire il tentativo di conciliazione presso gli uffici territoriali dell’Ispettorato Nazionale del lavoro; ricorrere ai collegi di conciliazione ed arbitrato; rivolgersi alle camere arbitrali
ALTRE TUTELE
Tra le altre tutele inserite nel decreto si segnala il fatto che viene riconosciuto espressamente al lavoratore il diritto di richiedere un impiego più stabile al proprio datore di lavoro. La richiesta può essere fatta dopo un periodo di 6 mesi di servizio, anche non continuativo. Dal suo canto, il datore di lavoro deve fornire la risposta motivata al lavoratore entro un mese, ma non è obbligato a concedere la transizione ad altra forma di lavoro. In caso di risposta negativa del datore, la disposizione prevede che il lavoratore possa presentare una nuova richiesta dopo che siano trascorsi almeno 6 mesi dalla precedente.
Confcommercio Umbria è a completa disposizione per fornire supporto.
Area Lavoro – Confcommercio Umbria
dott.ssa Martina Sacchetti – tel. 075 506711
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