Le emergenze: furti, rapine, contraffazione, abusivismo
Secondo l’indagine Confcommercio GfK-Eurisko, in Umbria i furti, con il 68%, (identico il dato nazionale) sono al primo posto tra i crimini percepiti in aumento, in relazione alla propria attività e al settore in cui si opera. Seguono l’abusivismo, con il 64%, e la contraffazione con il 57%. Prodotti contraffatti, se ne acquitano sempre più.
Secondo l’indagine Confcommercio GfK-Eurisko, in Umbria i furti, con il 68%, (identico il dato nazionale) sono al primo posto tra i crimini percepiti in aumento, in relazione alla propria attività e al settore in cui si opera. Seguono l’abusivismo, con il 64%, e la contraffazione con il 57%: entrambi fenomeni che in Umbria sono percepiti in aumento in modo più significativo rispetto alla media degli italiani (abusivismo 55%, contraffazione 52%). Seguono nella classifica dei crimini aumentati di più le rapine (per il 46% del campione), l’usura (per il 26%), le tangenti negli appalti (per il 24%), le estorsioni (per il 17%).
Il 9% degli imprenditori ha dichiarato inoltre di avere esperienze indirette (fatti relativi a persone da loro conosciute) e dirette di intimidazioni per finalità estorsive, contro le media nazionale del 15%.
PRODOTTI CONTRAFFATTI, SE NE ACQUISTANO SEMPRE PIU’.
In aumento rispetto allo scorso anno l’acquisto di prodotti illegali/contraffatti e l’utilizzo di servizi erogati da parte di soggetti non autorizzati.
Nel 2014 lo dichiara il 27% dei consumatori rispetto al 25,6% dello scorso anno (+1,4%). In prevalenza sono uomini, d’età compresa tra i 35 ed i 44 anni.
I prodotti ed i servizi acquistati illegalmente
Tra i prodotti contraffatti più acquistati l’abbigliamento (46,6% quest’anno rispetto al 41,2% del 2013, con un aumento di oltre il 5%); i prodotti alimentari (38% nel 2014 contro il 28,1% dell’anno precedente, con un aumento del 10% circa); orologi, gioielli, occhiali (33% quest’anno rispetto al 29,2% del 2013); prodotti di pelletteria (24,9% nel 2014 contro il 26,9% dello scorso anno); scarpe e calzature (23,3% quest’anno rispetto al 21% dell’anno precedente); farmaci e prodotti parafarmaceutici (21,2% contro il 15,1% del 2013). Il forte aumento dell’acquisto contraffatto soprattutto di alcuni prodotti, come gli alimentari e i farmaceutici, è un segno evidente delle difficoltà economiche dei consumatori stretti nella morsa della crisi.
Le ragioni dell’acquisto illegale
Per oltre il 70% dei consumatori la ragione principale dell’acquisto di prodotti o servizi illegali è sostanzialmente di natura economica (“si pensa di fare un buon affare, risparmiando”; “non si hanno i soldi per comprare prodotti legali”).
Tre consumatori su quattro sono concordi nell’affermare che l’acquisto dei prodotti illegali o l’utilizzo di servizi irregolari è piuttosto normale e per di più si rivela utile per chi è in difficoltà economica visto il periodo di crisi.
Cresce la percentuale di consumatori che afferma che l’acquisto illegale è effettuato in modo consapevole (32,1% nel 2014 contro il 19,8% del 2013, con un aumento del 12,3%). Il livello di informazione
Soltanto il 56% circa dei consumatori conosce il rischio di incorrere in sanzioni amministrative per gli acquirenti di prodotti o servizi illegali. Il 17,9% non ne è informato e il 26,2% non sa di cosa si stia parlando.
I DANNI DI ABUSIVISMO E CONTRAFFAZIONE PER LE IMPRESE
Due imprese su tre si ritengono danneggiate dall’azione dell’illegalità. Nel 2014 la percentuale sale al 61,1% contro il 57,2% del 2013, con un aumento di quasi il 4%.
Per oltre l’80% delle imprese la crisi economica sta avvantaggiando il mercato dei prodotti illegali e l’esercizio abusivo delle professioni.
Gli effetti dell’illegalità sulle imprese
Tra gli effetti più dannosi prodotti dalle diverse forme di illegalità (contraffazione dei prodotti, acquisizione illegale di prodotti via internet, musica e videogiochi, abusivismo commerciale e/o esercizio illegale di una professione), le imprese indicano principalmente la concorrenza sleale (60,8%), la riduzione dei ricavi e del fatturato a causa delle mancate vendite (37,5%), il dovere rinunciare ad assumere nuovi addetti o, in qualche caso, a mantenere i livelli occupazionali attuali (15%).
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