La crisi colpisce più Terni che Perugia
Il Sole 24 Ore ha stilato una classifica delle province italiane che hanno subito il maggior contraccolpo della crisi valutato sulla base di 10 indicatori. Terni è al 7° posto, mentre meno forte l'impatto della crisi su Perugia, che risulta al 58° posto.
La crisi ha colpito duro più nella provincia di Terni che in quella di Perugia. A sostenerlo è una indagine realizzata dal Sole 24 Ore che ha stilato la classifica delle realtà territoriali più colpite dalla drammatica situazione economica avviata dal 2008 sulla base di 10 indicatori. Terni è in cima alla classifica, esattamente al 7° posto, mentre Perugia risulta al 58° posto.
I parametri presi in considerazione per verificare l’impatto della crisi sono dieci tra quelli che maggiormente possono interessare la vita e i bilanci delle famiglie, dai risparmi in banca ai disoccupati, dal reddito al costo delle case. Per ciascuno di questi parametri il Sole 24 Ore è andato a vedere qual è l’intensità della “luce rossa” sul territorio, misurandola in base alla dinamica provinciale nei sette anni, dal 2008 ad oggi. Fino a costruire, sulla base delle dieci performance, un vero e proprio indice di “resistenza” alla crisi ricavato sui dieci parametri: dal Nord al Sud la crisi non ha fatto sconti, con Viterbo, Latina, Novara, Cosenza e Nuoro tra le più colpite.
Scrive il Sole 24 Ore:
“Il reddito, i depositi in banca e i prestiti raccontano immediatamente le difficoltà economiche del Paese: se il Pil medio pro capite è calato di quasi il 2 per cento (elaborazioni Prometeia), in alcune realtà è arretrato in misura più decisa (a Rieti, Ascoli Piceno e Latina), in altre invece ha tenuto: Milano, ad esempio, già prima per valori assoluti, segna persino un progresso. Diminuito anche il ricorso all’indebitamento: il timore di non poter onorare i propri impegni (ma anche la minore disponibilità del settore creditizio a concedere finanziamenti) hanno tagliato del 7,4% l’importo medio dei prestiti personali (e di oltre un quarto in province come La Spezia, Teramo, Pistoia).
Disorientate e preoccupate, le famiglie – quelle con delle “risorse” – hanno preferito parcheggiare i risparmi in banca: i depositi pro capite sono cresciuti di quasi il 70%, percentuale che si è fermata però sotto il 30% in province come Forlì o Lodi e che è invece triplicata in altre come Potenza o Isernia.
Ma è il tasso di disoccupazione la spia che lampeggia con maggiore intensità: dal 2007 al 2013 l’indice medio nazionale è raddoppiato (dal 6,1 al 12,2%), destabilizzando anche aree che in passato potevano contare su indici inferiori alla media nazionale, come l’Emilia Romagna. Il rallentamento generale non ha salvato il Mezzogiorno dalle posizioni più drammatiche: a Napoli, Crotone ed Enna il tasso dei senza lavoro si aggira sul 25%.
In discesa pure i prezzi delle case, un trend dalla doppia interpretazione: se gli aspiranti compratori possono avvantaggiarsene, i proprietari vedono assottigliarsi il valore del loro investimento. Meno acquisti anche di beni durevoli (elettrodomestici, mobili e informatica), con una spesa calata mediamente del 18%, con picchi in zone del Nord Est (Belluno, Rovigo, Venezia). E immatricolazioni quasi dimezzate. Anche lo scontrino in farmacia si è ridimensionato. Quanto all’ambiente può tirare un respiro di sollievo: la spending review familiare e i minori consumi hanno alleggerito il sacco dei rifiuti”.
Condividi