Cessione prodotti agricoli e alimentari, per ora nessuna proroga alla nuova normativa
Ad oggi non è arrivata nessuna proroga - chiesta anche dalle associazioni di categoria come la Fipe - alla entrata in vigore, il 24 ottobre, della nuova, pesante disciplina in materia di cessione dei prodotti agricoli ed alimentari, che interessa tantissime imprese.
Ad oggi è connfermata l’entrata in vigore, il prossimo 4 ottobre, della nuova disciplina dei contratti che hanno ad oggetto la cessione di prodotti agricoli ed alimentari, contenuta nel Decreto Liberalizzazioni.
Alla nuova normativa sono interessati tutti gli operatori del comparto alimentare (dettaglianti alimentari, pubblici esercizi, grossisti, mercati ortofrutticoli, ambulanti, distributori automatici, panificatori, erboristi etc.), ma anche coloro che trattano prodotti agricoli diversi da quelli alimentari (es. sementi, animali, mangimi per animali, piante e fiori, tabacchi non lavorati etc.), a prescindere dalla posizione rivestita nell’ambito della filiera di riferimento.
In particolare l’aspetto che interessa maggiormente le imprese, perché il più problematico, è quello legato ai termini legali di pagamento ai fornitori, che il Decreto fissa in:
– 30 giorni per le merci deteriorabili;
– 60 giorni per tutte le altre merci.
I suddetti termini decorrono dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura.
Allo stato attuale è ancora al vaglio del Consiglio di Stato il regolamento che dovrà chiarire alcuni aspetti della normativa, nei confronti della quale Confcommercio e le Federazioni di categoria si sono già attivate.
Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi, sta ad esempio verificando la costituzionalità della norma sulla base di un ingiustificabile privilegio di una categoria rispetto ad un’altra in termini di tutela del credito.
Infatti, la norma studiata per riequilibrare il rapporto tra grandi centrali di acquisto e produzione si ripercuote gravemente sui pubblici esercizi, normalmente organizzati in aziende a carattere familiare o di piccole dimensioni, che in caso di ritardato pagamento rischiano sanzioni da 500 fino a 500mila euro.
In pratica, qualsiasi bar con un incasso già penalizzato dagli effetti della crisi potrebbe paradossalmente ritrovarsi a pagare multe salatissime magari anche a qualche multinazionale produttrice di alimenti confezionati o bevande, se saldasse la fattura dopo i 30 giorni.
”Si tratta – ha affermato Lino Stoppani, presidente Fipe-Confcommercio – di un’altra complicazione. E di un’altra gestione di un problema reale con delle generalizzazioni che possono ampliare le difficoltà soprattutto delle piccole e medie imprese che avrebbero gradito maggiori deroghe al corretto principio di base e la gradualità delle sanzioni, introducendo cioè un parametro quantitativo”.
Condividi