L’Umbria che punta sul capitale umano, una priorità per Confcommercio | Confcommercio

L’Umbria che punta sul capitale umano, una priorità per Confcommercio

L’Umbria che punta sul capitale umano è una delle 5 priorità indicate dagli imprenditori del terziario di Confcommercio sulle quali costruire un nuovo progetto di sviluppo per l’Umbria.
Ivana Jelinic ha affrontato questo tema nell’incontro con i candidati alla Presidenza della Giunta regionale dell’Umbria Vincenzo Bianconi e Donatella Tesei.
Ivana Jelinic è consigliere Confcommercio Umbria e presidente nazionale Fiavet Federazione Agenzie di Viaggio.

5 priorità per lo sviluppo, Confcommercio Umbria a confronto con i candidati
martedì 15 Ottobre 2019 | iconCONDIVIDI iconSTAMPA

Le proposte

Occorrono più risorse per la formazione di imprenditori e addetti, per sviluppare maggiore capacità manageriale e cultura di impresa, con particolare riferimento ai percorsi di Istruzione Tecnica Superiore (ITS) come modello da replicare per il turismo e per il settore ICT.
Occorre rivedere l’attuale modello di incrocio tra domanda ed offerta di lavoro nell’ottica di una reale integrazione pubblico-privata, che incrementi il matching a tutto vantaggio di giovani ed imprese.

Le criticità

L’ Umbria è sempre più vecchia (un quarto della popolazione ha più di 65 anni; c’è un giovane ogni due anziani), più povera (il reddito pro capite nel 2017 era di 24.326 euro contro i 28.494 euro della media italiana), con minore capacità di consumo (consumi famiglie per abitante: in Umbria 16.798 euro contro la media italiana di 17.497 euro).
Negli ultimi 10 anni è raddoppiato sia il tasso di disoccupazione globale (+4,4% dal 2008 al 2018) sia quello dei giovani tra i 15 e 24 anni (+16.7% dal 2008 al 2018). Preoccupa il numero di persone inattive (25.800), che un lavoro neppure lo cercano.
In Umbria il livello di scolarizzazione è molto superiore alla media nazionale (Laurea/diploma: Umbria 68,2%, Italia 61,4%), ma sempre più giovani devono cercare opportunità fuori regione.
Nello stesso tempo le imprese – sia tradizionali, sia ad alto contenuto tecnologico – non trovano i profili adatti alle loro esigenze. Le attività del terziario continuano a rappresentare un fondamentale serbatoio di occupazione, nonostante la crisi (69,6% occupati nei servizi, i cui 20,5% nel commercio, alberghi e ristoranti; 49,1% altri servizi compresa P.A.).
I percorsi di scuola/università sono per lo più lontani dai fabbisogni reali delle imprese e i centri per l’impiego hanno fallito nell’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro: nel 2018 solo il 2,1% di chi ha trovato un’occupazione nel privato è passato per i centri per l’impiego.